giovedì 17 febbraio 2011

Tropico del cancro

In verità era da un po' che volevo proporvi questo indimenticabile frammento di quel fottuto genio chiamato Henry Miller. Siori e siore Tropico del cancro è a mio avviso un capolavoro, è forse Il libro del 900. Ok, forse l'ho sparata, ma credetemi merita per davvero. A voi studio


A volte, è vero, pensavo a Mona, non come una persona in un preciso ambiente spaziale e temporale, ma isolata, staccata, come se fosse balzata su simile a una gran forma di nube, a cancellare il passato. Non potevo permettermi di pensare a lei a lungo;perchè altrimenti mi sarei buttato giù da un ponte. E' strano. M'ero così ben adattato a questa vita senza di lei, eppure pensare a lei solo per un momento bastava a trafiggere l'osso e il midollo della mia soddisfazione e a ributtarmi nella dolorosa fogna del mio sciagurato passato.

Per sette anni andai in giro, notte e giorno, con in mente una cosa sola: lei. Se ci fosse stato un cristiano fedele al suo Dio quanto io ero fedele a lei, oggi saremmo altrettanti gesucristi. Notte e giorno pensavo a lei, anche quando la ingannavo. E ora, a volte, nel bel mezzo delle cose, quando io credo d'essermene completamente liberato, magari voltando l'angolo, saltano fuori una piazzetta, pochi alberi, una panchina, un luogo deserto dove ci eravamo fermati a litigare, dove c'erano state scene di gelosia folle, da impazzire. Sempre un luogo deserto, come la place de l'Estrapade, per esempio, o quelle straduzze sudicie, tetre verso la moschea, o lungo quella tomba spalancata che è avenue de Breteuil, così silenziosa alle dieci di sera, così morta, che ti fa pensare che so? all'assassinio o al suicidio, ma basta che crei un vestigio di dramma umano.

Quando mi rendo conto che lei non c'è più, pertita per sempre, si apre un gran vuoto e mi sembra di cadere, cadere, cadere in un profondo spazio buio. E questo è peggio delle lacrime, più profondo del rammarico, del dolore, della pena: è l'abisso in cui fu precipitato Satana. Non c'è modo di risalire l'abisso, non raggio di luce, non suono di voce umana o umano tocco di dita.

Quante migliaia di volte, passeggiando per le strade di notte, mi son chiesto se sarebbe tornato il giorno ch'io la riavessi al mio fianco: tutte le occhiate di desiderio che lanciavo alle case e alle statue; le guardavo con tanta fame, con tanta disperazione che ormai i miei pensieri devono essere parte integrante degli edifici stessi e delle statue, dovevano essere saturi della mia pena. Non potevo neanche fare a meno di riflettere che quando passeggiavamo insieme per queste strade sudicie e tetre, così sature ora del mio sogno e del mio desiderio, lei non aveva osservato nulla, sentito nulla: erano per lei come ogni altra strada qualsiasi, un poco più sordide, forse, ma basta. Lei non ricordava che a un certo angolo io mi ero fermato a raccogliere la sua forcina, e che, chinandomi a legarle le stringhe, avevo notato il punto in cui s'erano posati i suoi piedi e ci sarei rimasto per sempre, anche dopo che fossero demolite le cattedrali e tutta la civiltà latina fosse stata spazzata via per
sempre.

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