mercoledì 16 dicembre 2009

Per sta volta passi

Avevo intenzione di scrivere su quel racconto scabroso di nome Lolita. Chi se la ricorda grazie a Stanley Kubrick, chi per Nabokov, chi altro in relazione ad un atteggiamento tendente alla cortigiana andante ( perchè sono una persona fine e perchè Nabokov si sarebbe rigirato nella tomba se avessi detto tr**a, pace all'anima sua).
Ma sapete cosa vi dico?
Che non ho voglia, ecco tutto per ora. Aggiungerò solo che è un Signor Libro, altro che Bukowski, Henry Miller e John Fante.

giovedì 3 dicembre 2009

Alla ricerca della felicità

Treno per Milano Centrale. Ore 19:00.
Di fronte a me due giovani. Il posto di fianco a me libero. Entra un vecchio traballante. Cappotto lungo grigio di lana, colbacco in testa, denti ingialliti dal fumo dei sigari, occhi di ghiaccio penetranti, barba lunga e un paio di valenki ai piedi. Sembrava un personaggio uscito da qualche romanzo russo, tipo da un Dottor Živago.
Improvvisamente si rivolge a me: “Scusi signorina è libero?”
Un’alitata di alcol sovrasta l’odore acre tipico dei treni lerci. Non si tratta di birra, neanche di vino. Forse di rum; dolciastro, perforante, nauseabondo.
“Prego è libero”
Non so cosa fare, di per sé non c’è nulla da fare se non estrarre dalla cartella Nabokov e continuare a leggere la storia di Lolita. Egli fa lo stesso ma non si tratta della storia di Lolita. Si tratta di “La strada verso la felicità”.
“Quale felicità?” mi chiedo senza potermi dare una risposta. Probabilmente è un libro comprato in qualche bancarella. La copertina indica una sentiero che porta a un qualche Eden sconosciuto. Chissà quale Eden sta ricercando questo vecchio.
“L’ho comprato da poco signorina” si rivolge a me investendo le sue parole di un tocco dolce.
“Si intitola la strada verso la felicità signorina, mi sembra bello.”
Vacillo, mi sento fuori luogo. Razza di idiota che sono, in fondo non c’è niente di male nel parlare con un vecchio ubriaco.
“Ha un titolo molto interessante “ gli rispondo con un sorriso. A questo punto egli ricambia il sorriso.
"Lo penso anch’io signorina” mi aggiunge accompagnato sempre da una evidente titubanza nel comporre una frase ma cercando allo stesso tempo di dissimulare i bicchieri bevuti poco prima.
Così apre il libro, si limita ad osservare le pagine, non le legge. A un tratto percepisco i suoi occhi ricoperti di un velo di lacrime che non cadono, si trattengono, si ancorano saldamente per non lasciarsi andare. “Uno sforzo sovrumano” penso tra me e me.Eccoci a Chivasso . Scendo e ripenso: “Chissà quale strada sogna quel vecchio”.